Gialli

Negli occhi di chi guarda

Leggere un libro di Malvaldi per me è come respirare una boccata d’aria fresca proprio per quella sua innata capacità di mescolare crimine e comico. Abbandonati, almeno per un momento, i vecchietti del BarLume, il noto ciclo che lo ha reso famoso, Malvaldi propone qui una storia diversa. Ambientato a Poggio delle Ghiande, uno splendido podere nella campagna toscana, il libro racconta le vicende dei due gemelli Zeno e Alfredo Cavalcanti e delle persone che ruotano intorno al podere. Abitano insieme ma non potrebbero essere più diversi. Collezionista d’arte dall’indole tranquilla, Zeno vive col suo maggiordomo Raimondo, mentre Alfredo, broker fallito, vive in ristrettezze economiche a causa di investimenti falliti. “Per Alfredo e Zeno Calvalcanti –scrive Malvaldi- Poggio delle Ghiande è il posto dove hanno abitato per la maggior parte della loro vita. Per questo motico, Zeno la ama. Per lo stesso motivo, Alfredo la odia.” Tutto ha inizio quando i due fratelli devono decidere se vendere o meno la tenuta. Zeno non vorrebbe, mentre Alfredo, bisognoso di soldi, vorrebbe. Per decidere il destino del poderre scelgono un metodo insolito. Invitano a Poggio delle Ghiande un genetista che dovrà stabilire chi dei due fratelli vivrà più a lungo. Al vincitore la decisione sul futuro della tenuta. Pochi giorni dopo l’arrivo di Pier Giorgio Pazzi, il genetista innamorato di Margherita, la filologa e archivista che lavora per Zeno, le cose si complicano perché Raimondo, il maggiordomo di Zeno, viene ucciso in un incendio. Sarà un caso? Come sempre, la trama è accattivante e tagliente, i dialoghi sono brillanti e il libro si legge tutto d’un fiato. Fa pensare ad un romanzo d’ambiente (Agatha Christie docet) in cui l’attenzione dello scrittore è rivolta, oltre che all’intreccio, ai personaggi. Quelli di Malvaldi sono personaggi normali (artisti, chimici, ingegneri, archiviste, architetti, custodi, professori, meccanici) ma raccontati minuziosamente attraverso la sottile lente dell’ironia che ne evidenzia i tic e i difetti. Il risultato è un’irresistibile affresco da commedia all’italiana.

Marco Malvaldi
Negli occhi di chi guarda
Sellerio editore
2017
pp. 274
14€

Gialli

Il morso della reclusa

“Nebbioso, beccheggiante, indolente. Sempre perso nelle sue vaghezze. E’ il commissario Adamsberg, capo dell’anticrimine al tredicesimo arrondissement parigino.”
Dopo più di due anni, la scrittrice parigina Fred Vergas (pseudonimo di Frédérique Audouin-Rouzeau) torna a regalarci una nuova indagine del suo investigatore più famoso, e della sua squadra. Apparso in lingua originale nel 2017 col titolo Quand sort la recluse per l’editore Flammarion, Il morso della reclusa è il nono della serie del Commissario Adamsberg e giunge sino a noi grazie ad Einaudi e alla perfetta traduzione di Margherita Botto. Richiamato dall’Islanda dove si godeva le sue ferie per un caso di omicidio velocemente risolto, Adamsberger si lascia attrarre dalla morte insolita di tre anziani nella Francia del Sud dovuta al morso della Reclusa, un ragno velenosissimo. Semplice fatalità? Nonostante l’ostilità di un insolito Danglard, accanto a lui ci sono i soliti Mercadet, Froissy, la giunonica Violette Retancourt che da sola vale 10 uomini e Veyrenc. “Adamsberg osservava il volto di Veyrenc, ermetico, marmoreo, quel volto che invece poteva modificarsi così vivacemente con un semplice mezzo sorriso. Ma il tenente gestiva quella tragica presentazione senza concedere agli agenti un attimo di tregua. La vista della guancia scomparsa di Maurice li aveva trasportati su un terreno di emozioni dove la questione teorica di sapere se la reclusa meritasse o meno un’indagine era a mille miglia dai loro pensieri. Non era il momento dell’intellettualismo.”
Scrittrice di “polar” ( così i francesi chiamano i libri gialli) colti ed ironici l’autrice ci regala ancora una volta una storia accattivante dai ragionamenti arguti e dai risvolti complessi e mai scontati. Un’indagine che obbligherà il Commissario Adamsberg a fare i conti con i suoi fantasmi e a ragionare nella nebbia. “-Non ci posso credere, – disse Danglard, -non ci voglio credere. Torni tra noi, commissario. Ma in quali nebbie ha perso la vista, porca miseria?
-Nella nebbia ci vedo benissimo,-replicò Adamsberg in tono un po’ secco, appoggiando i palmi sul tavolo. -Anzi, meglio che altrove. Quindi sarò chiaro, Danglard. Non credo ad una moltiplicazione delle recluse. Non credo a una mutazione del loro veleno, così grave, così improvvisa. Credo che quei tre uomini siano stati assassinati.”
Come dargli torto?

 

Fred Vargas
Il morso della reclusa
Einaudi Stile Libero Big
2018
pp. 432
20€